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La sensualità del pranzo

Il pranzo si carica di profondi significati, divenendo momento non tanto simbolico, quanto allegorico. 
Il cibo è visto come un elemento di sconvolgimento, di disordine, che dona piacere e gioia. Questo è l’effetto inaspettato della cuoca Babette in una piccola e chiusa comunità luterana. Grazie alla sua dote artistica e alla fortuna ereditata da un lontano parente, riesce a portare emozioni che trasformano per sempre gli abitanti del posto, seguaci di una vita priva di piaceri terreni. Essi vengono, in qualche modo, liberati da una sorta di anestesia e moralismo.
Il pranzo che Babette organizza è al di fuori di ogni abitudine sensoriale ed emozionale per i compaesani. Babette per questa ricorrenza ha infatti ordinato il cibo più raffinato, le salse, le spezie, le tovaglie di lino e i piatti di ceramica direttamente da Parigi, dove una volta era Chef al Café Anglais. Un'invasione di colori,  di armonia, di piacere e di gusti raffinati squarciano il velo dell' umile e modesto stile di vita del paese che aveva impedito alla gente del luogo di cogliere il gusto della vita, di coltivare la loro arte o i loro amori. 
Il concetto più bello è dato dal contrasto tra la fisicità del banchetto e la sua energia sensuale da un lato, e l'atteggiamento quasi ascetico che i commensali vorrebbero assumere dall'altro. E' una lotta per resistere alle tentazioni della carne, per sfuggire alle malie del demonio. Alla fine comunque i degustatori non possono che cedere ai piaceri della tavola, e scoprono che il loro ferreo spiritualismo non è altro che un eccesso di fanatismo.
I commensali si erano seduti a tavola sospettosi e pieni di reciproci rancori. Piatto dopo piatto, gli abitanti del villaggio si lasciano andare, sedotti dal cibo e dalle bevande, ritrovando l'amicizia, la comprensione, il perdono. Gli sguardi si incontrano senza amarezza, le mani si intrecciano, ci si riconcilia con il proprio passato. I personaggi sembrano liberarsi da una sorta di qualche catena che li lega da 35 anni: cominciano a rivelarsi cose mai dette prima e una nuova linfa vitale sembra pervadere nuovamente i rapporti tra le persone. Il vino ha alleviato l'umore, il cibo ha saziato i bisogni e ora tutti i contrasti della congregazione sono risolti.


Un artista non è mai povero

L’obiettivo del pranzo di Babette non è semplicemente la gratificazione dei sensi fine a sé stessa. La donna non è soltanto un grande chef ma soprattutto un artista, capace di trasformare un pranzo in un’avventura amorosa. Curare tutti i particolari per il solo piacere di realizzare delle opere d’arte da una gioia immensa, che ripaga ogni fatica e ogni angoscia. Perché chi cucina, chi mette amore in ciò che fa e propone, crea delle opere d’arte.

La ricchezza del genere umano non è data dal denaro o dai possedimenti materiali, bensì da ciò che l'uomo coltiva dentro di sè. Babette apprende da chi ne sa molto meno di lei, senza ostentare la propria grandezza ma, al contrario, tacendola. L'arte di Babette esiste e si concretizza solo nel momento in cui c'è qualcuno in grado di apprezzarla. Le varie pietanze e i relativi vini vengono magistralmente apprezzati e spiegati agli altri commensali dal Generale dell'esercito. In questo gioco amoroso a distanza tra i due, che mai si sono visti, nè mai si vedranno, a goderne i vantaggi sono anche gli altri commensali, tra i quali torna a regnare la pace e la fratellanza. Lo spirito viene saziato da tutti i particolari, dai finissimi dettagli e dai saporitissimi colori utilizzati della tavolozza creativa della chef Babette. 
Alla conclusione del romanzo tutti se ne tornano a casa più ricchi dentro, dopo aver ringraziato le padrone di casa, che non hanno merito alcuno se non l'ospitalità. Ma nessuno si degna di conoscere e ringraziare la divina Babette. Nulla di nuovo sotto il sole. Pensare a quanti godono del Creato senza ringraziare Dio.



Nell'esperienza di Babette si può riconoscere in filigrana il volto di Cristo
È possibile leggere il romanzo come metafora del banchetto eucaristico e del dono di sé che Gesù fa per amore. 
Anche Babette dona tutto di sé, tutto ciò che ha perché altri abbiano la vita. Investe tutte le possibilità di futuro che le si aprono davanti con la vincita alla lotteria, per realizzare un banchetto specialissimo che non è solo una sinfonia di cibi d’alta classe, ma è prima di tutto un atto d’amore. Non trattiene nulla per sé, tutto è gratuito. Babette chiede il permesso a Martina e Filippa di far loro questo regalo: l’amore non s’impone, non mette nessuno con le spalle al muro, non obbliga ad accettare: si offre.
Un banchetto è il luogo in cui Gesù si rivela come Maestro e Signore, ed a Emmaus è ancora una cena l’occasione per manifestarsi risorto: l’identità di Babette si svela nella medesima occasione. A cena ormai conclusa spiegherà lei stessa che quel pasto è stato un modo di manifestare la sua interiorità. Con quel dono ha comunicato la sua identità, ha rivelato chi essa è veramente: «Per tutto il mondo risuona un lungo grido che esce dal cuore dell’artista: consentitemi di dare tutto il meglio di me!».
E' stato grande il sacrificio che si è imposta nei lunghi anni a servizio delle due sorelle, mortificando la sua abilità, la sua creatività di vera artista, per farsi come loro: da chef si è fatta serva, imparando a preparare l’umile zuppa di birra e pan secco. Così Babette adotta la logica dell’Incarnazione, di un Dio che si abbassa a farsi uomo come noi. E sceglie il nascondimento, infatti gli ospiti non la vedranno nemmeno: rimane sempre dietro le porta della cucina, ma raggiunge ugualmente ciascuno con il suo dono.



La comunità ritrova attorno alla mensa la comunione e l’armonia: chiamiamo abitualmente il banchetto eucaristico “comunione”, proprio perché ci fa crescere in questa dimensione, verso il Signore e i fratelli, così come accade agli ospiti di Babette.



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