La letteratura è nutrimento. Della mente, dell’anima e del corpo
Il parallelo tra attività letteraria e gastronomia è presente in tutta la storia della letteratura. Per secoli gli scrittori non hanno smesso di dar da mangiare e da bere ai loro personaggi, descrivendo il cibo come un compagno presente e spesso inebriante. Il cibo è fra gli argomenti più frequentati nella letteratura di ogni tempo e ogni paese. Non esiste opera di narrativa in cui, prima o poi, qualcuno non metta le gambe sotto un tavolo o non avverta il bisogno di spegnere la sete.
Da quella prima, fatale colazione a base di mele cui Adamo si lasciò convincere, i piaceri della tavola hanno attraversato libri sacri e profani, poemi, saggi e romanzi, thriller e storie d’amore, hanno generato pagine memorabili e disegnato una visione del mondo. I romanzieri nutrono i loro personaggi d’invenzione perché questi nutrano i lettori reali.Il cibo rivela molti aspetti di una persona e crea l'illusione della realtà
Il motivo degli intrecci gastronomico-letterari è ovvio. La letteratura, anche quella non autobiografica, nasce da sensazioni, odori, ricordi. E che cosa più del cibo, di una tavola imbandita con le tradizioni familiari e locali, può suscitare tutto questo? Anche dove non è presente il dato autobiografico, l'interesse gastronomico costituisce una cultura nascosta che impregna di sè i luoghi descritti, i caratteri dei personaggi, l'ambiente. Le caratteristiche di un determinato piatto vanno a identificarsi con la cultura e le tradizioni di un popolo.I pasti serviti sulla pagina hanno soddisfatto le più diverse intenzioni letterarie e il cibo è stato lo strumento perfetto per creare l’illusione della realtà, obiettivo primario del lavoro di chiunque scriva romanzi o racconti.
Storia, ambienti sociali, psicologie, relazioni, valori morali ed estetici, convincimenti politici, posizioni filosofiche, credenze religiose, visioni del mondo: attraverso la descrizione di un pasto uno scrittore è in grado di dirci tutto dei suoi protagonisti e molto di sé.
Le riflessioni sulla funzione comunicativa del cibo possono suscitare un passeggiare lieve fra le figure letterarie
Nell'Iliade e nell'Odissea il cibo è considerato come elemento simbolico per determinare uno status sociale. Con il trascorrere dei secoli, la presenza del cibo nella letteratura ha assunto anche altri significati: come strumento della memoria, se pensiamo alla madeleine di Proust; come elemento seduttivo, nelle opere di Isabel Allende, della scrittrice messicana Laura Esquivel e anche dello scrittore greco Andreas Staïkos; oppure come elemento caratterizzante dei personaggi come nei romanzi gialli di Rex Stout, di George Simenon, di Vázquez Montálban sino a quelli di Andrea Camilleri.
Il cibo fornisce spunti e snodi narrativi essenziali all’interno delle trame dei romanzi anche grazie al fatto che gli uomini quando è l’ora di mangiare allentano i meccanismi di difesa, e la loro vulnerabilità offre allo scrittore la possibilità di svelare gli intrichi di una personalità durante l’intimità di un pasto, e parlando d’altro. Esaù si vende la primogenitura per un piatto di lenticchie, Sancho Panza è pronto a scambiare la promessa di nobiltà per uno stufato, Sister Carrie è portata sulla via del piacere e del peccato da un filetto di manzo, Emma Bovary da un piatto di quaglie…
Un’altra funzione fondamentale del cibo è quella della distrazione. Molti artisti e scrittori dopo intere giornate trascorse nell’inseguire e plasmare un’idea, trovano tuttora in esso un rifugio rassicurante, una fuga dal proprio delirio.
Oscar Wilde, autore dell’immortale “Ritratto di Dorian Gray”, fu anche un esperto e raffinato conoscitore di vini e di cibi e a questo proposito i suoi detti restano memorabili. Diceva ad esempio “Chi conquista Londra, conquista il mondo, e Londra si conquista intorno a una tavola da pranzo..."
Il letterato e il cuoco convergono spesso nella stessa persona
Per gli scrittori il cibo non è solo un punto di partenza, ma anche di arrivo. Molti di essi si sono vantati di essere anche grandi cuochi e questo ha portato a risultati interessanti, lasciandoci in eredità loro stessi dei libri di cucina. Manuel Vasquez Montalban produsse due interessanti esempi di ciò. In tutto si tratta di ben centottantadue ricette suddivise in due opere.
Talvolta sono addirittura i gastronomi a trasformarsi in scrittori, dandoci un assaggio letterario delle loro raffinatezze culinarie. E’ il caso del celebre gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin, vissuto durante la Rivoluzione, che mescolando amabilmente nella sua “Fisiologia del gusto” aneddoti, consigli e nozioni scientifiche divenne un prezioso punto di riferimento per la letteratura culinaria dei secoli successivi.
Talvolta sono addirittura i gastronomi a trasformarsi in scrittori, dandoci un assaggio letterario delle loro raffinatezze culinarie. E’ il caso del celebre gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin, vissuto durante la Rivoluzione, che mescolando amabilmente nella sua “Fisiologia del gusto” aneddoti, consigli e nozioni scientifiche divenne un prezioso punto di riferimento per la letteratura culinaria dei secoli successivi.
La massima di Brillat-Savarin: «Fatemi vedere che cosa mangia e vi dirò che uomo sia», non è che la sintesi del lavoro che da sempre viene svolto dai narratori.
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